Empatia: 0 moventi per pretenderla da te stesso e per te stesso!

Il significato di empatia e i vantaggi e dei consigli pratici
per attivarla nelle relazioni interpersonali

Articolo empatiaTi è mai capitato di entrare in un negozio o in un bar e, interagendo con il commesso o il cameriere, ritrovarti a constatare in silenzio “quello lì…empatia zero”, per poi maldisporti rispetto al seguito della tua customer experience e dichiararti “qui non mi vedranno più”? Mica ti sarai sentito poco accolto, visto, riconosciuto e soddisfatto nei tuoi bisogni?
E la cosa divertente è che la loro “vocazione” lavorativa (più o meno spintanea), al contatto con le persone, richiederebbe come prioritaria l’abilità di mettersi in relazione empatica con il cliente per fargli vivere un’esperienza esclusiva e indimenticabile. Figurarsi cosa succede agli altri, che non sono proprio tenuti a farlo per questioni di lavoro!
Chissà che motivi avranno per non mettersi in relazione empatica: saranno arrabbiati? saranno troppo alle prese con richieste diverse? soffriranno di sindrome anaffettiva?

E’ così facile riconoscere l’assenza o la scarsità di empatia …sugli altri e, al contempo, riconoscere che c’è, che l’altro riesce a farci sentire compresi, capiti. E su di noi? Come alleniamo questa abilità? E quanto vogliamo davvero esercitarla tenendo a bada le nostre emozioni? (se ti sei perso qualche puntata ti invito a ritornare al mese di febbraio, dedicato all’autocontrollo!).
Insomma, quale verità ci raccontiamo? E non vale dirsi “io sono un tipo oggettivo, non mi lascio sopraffare dalle emozioni”!

La verità è che siamo dentro a qualcosa di intangibile, che per quanti libri, manuali, articoli siano stati scritti, ci richiede di stare, qui e ora, con qualcosa di altamente sottile che però ha il grande potere di tenere connesse più persone nella stessa stanza. Qualcosa che riconosci dagli effetti che provoca: ti senti bene tu (che esprimi il tuo lato compassionevole e magari capisci un po’ di più dell’altro), fai sentire meglio gli altri (che godono della tua comprensione non giudicante), e fa scaturire autenticità nella relazione, a tal punto che le persone si sentono a loro agio anche se si rendono vulnerabili ai nostri occhi.

E come sarebbe un mondo in cui ti puoi svegliare al mattino e recarti al lavoro in un ambiente in cui dai e ricevi empatia?
Stando alle fonti (americane) consultate da GetCRM, società newyorkese che fornisce assistenza ai compratori di software CRM, sforzarsi di stabilire buoni rapporti coi collaboratori può procurare interessanti profitti visto che:

  • il 42% dei consumatori evita di acquistare prodotti o servizi da un’azienda che percepisce come poco empatica;
  • il 56% dei lavoratori rimarrebbe volentieri in un’azienda che dimostra attenzione ed empatia per i dipendenti;
  • il 40% dei lavoratori resterebbe volentieri qualche ora in più in ufficio, se a chiederglielo fosse un capo empatico e disponibile.

Daniel Goleman ci dice che team leader e membri del team che vantano l’empatia tra i loro punti di forza, hanno un potenziale maggiore per aumentare il morale e le prestazioni dei loro team, e più facilmente trattengono i loro talenti. Per arrivare a questo, tuttavia, il cammino non è immediato e spesso nemmeno esplicitato. Tale competenza, infatti, viene considerata un dono gratuito o addirittura dovuto da parte di chi la possiede e la attua già con eleganza, e come qualcosa di inafferrabile per coloro che, invece, hanno un carattere “discutibile” o “hanno altri punti di forza”…per essere diplomatici!

In breve, se vogliamo team e persone di alto rendimento che portino diversità di prospettiva e senso di inclusione e appartenenza, dobbiamo allenare la capacità di accogliere e raggiungere il pensiero e il sentire degli altri.

Ma cosa ostacola l’empatia al lavoro?
Portarsi nella situazione emotiva altrui comporta fatica. E’ uno sforzo che spesso preferiamo evitare perché: siamo troppo impegnati, siamo distratti, abbiamo pregiudizi verso ciò che è tanto, troppo diverso da noi (in termini di cultura, valori, comportamenti, modi di pensare), abbiamo le nostre sacrosante emozioni (fastidio, ansia, frustrazione, preoccupazione) che hanno diritto di esistere e che ostacolano l’attenzione rivolta al collega. E se ben ci pensiamo non sono ragioni molto diverse al di fuori di un contesto lavorativo.

E quali benefici, invece?
Mettersi in relazione empatica richiede di fare spazio e soffermarsi nella relazione.
“Che cosa ne guadagno, quindi, se mi applicassi o se mobilitassi all’interno della mia azienda l’importanza di questa competenza?”
Ti risponderò con un’altra domanda “Che cosa succede se non lo fai?”. Ti perderai una serie di vantaggi e elementi funzionali a proteggere il benessere e l’impegno delle persone al lavoro, contribuirai, probabilmente, a perpetuare nel tuo ambiente di lavoro un clima di tensione e di scarsa complicità invece che far prosperare fiducia e collaborazione.

Ti basta un po’ per metterti in moto?

Il buon scrittore Severino Cirillo ci dice: “Sapere come riconoscere le emozioni degli altri, ci dà dei parametri per riconoscere anche le nostre. Riconoscere le emozioni degli altri e avere la certezza che gli altri riconoscano le nostre, facilita le nostre interazioni. Pertanto, l’empatia fa bene alla salute e alle nostre relazioni”.
E, senza dubbio coltivarla contribuisce a generare dipendenti più appassionati del loro lavoro e impegnati allo scopo comune della propria organizzazione. Sentirsi compresi e coinvolti aiuta a produrre meglio e migliora il clima organizzativo perché costruisce sintonia e sicurezza psicologica e, infine, favorirà l’espressione di idee migliori, evitando il rischio di restare trincerati in un’unica prospettiva.

Quando mostri una profonda empatia verso gli altri, la loro energia difensiva scende e l’energia positiva la sostituisce. Questo è il momento in cui puoi diventare più creativo nella risoluzione dei problemi”. Stephen Covey

Dove, Quando, Come esercitare l’empatia al lavoro? Le 3 regole d’oro
Per i primi due quesiti banalmente potremmo dire:
DOVE? Ovunque, in qualsiasi occasione di relazione (dalla macchinetta del caffè alle riunioni collettive)
QUANDO? Ripetutamente, prima-durante-dopo i pasti. Sarà sufficiente che ti ricordi di farlo e governi la tua intenzione sul modo in cui lo farai.
COME? Qui la faccenda di fa più complessa!

  1. Esercita l’empatia sia con te stesso sia con gli altri costruendo intenzionalmente legami sociali: vai a caccia di feedback e fai autocritica, ascolta senza interrompere, sorridi di più, concedi i giusti riconoscimenti a chi se li merita, chiama i tuoi colleghi per nome, chiedi ai tuoi colleghi di spiegare bene quello che pensano e rispetta il loro punto di vista, anche se diverso dal tuo.
  2. Abbi il coraggio di renderti almeno un po’ più vulnerabile e di accettare che non sei perfetto, ma sei perfettamente dotato: rivelare il nostro lato umano e le nostre imperfezioni ai colleghi e persino ai nostri capi, ci rende accessibili e attrae il rispetto. Inoltre, condividendo il tuo vero sé con qualcuno, puoi connetterti più facilmente e con autenticità con gli altri, quindi farai anche meno fatica (non devi fingere o filtrare!).
  3. Dai feedback con empatia, specie se di miglioramento! Le persone rispondono più positivamente alle critiche e sono più propense a prendere in considerazione il feedback quando sentono che il loro capo si preoccupa del loro benessere e vuole che migliorino. La preoccupazione empatica rende il feedback più efficace, dando il via a cambiamenti positivi nei dipendenti.

Emanuela Zaltron

300GRAMMI

Fonte dati: EMPATIA: COS’È E PERCHÉ NON DEVI IGNORARLA PER AVERE SUCCESSO NELLA VITA, di Severino Cirillo; EMPATIA: NUOVI MODELLI, di Giovanni Molinari; LEADING with EMPATHY, di Daniel Goleman, Belinda Chiu, Brett Long, & Tessa Menatian; 20 WAYS TO IMPROVE EMPATHY AND BUILD BETTER RELATIONSHIPS AT WORK, di Reuben Yonatan